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Perché ho scelto il Project Management Agile: la mia esperienza

  • Immagine del redattore: Lorenzo Ambrogi
    Lorenzo Ambrogi
  • 23 giu
  • Tempo di lettura: 2 min


Per anni ho gestito progetti usando metodi tradizionali. In certi casi andava bene, in altri sentivo che qualcosa mancava. La svolta è arrivata durante un progetto d’integrazione tra due sistemi, dove ho iniziato ad applicare i principi del Manifesto Agile. Non ho usato Scrum, ma ho toccato con mano il valore della flessibilità, della collaborazione e del feedback continuo. In questo articolo ti racconto perché mi sono avvicinato al Project Management Agile e cosa ho imparato lungo il percorso.

Agile e Waterfall: non una guerra, ma strumenti diversi

Non credo che Agile e Waterfall siano in opposizione. Sono due approcci validi, pensati per contesti diversi. Waterfall funziona bene quando il progetto è chiaro fin dall’inizio, i requisiti sono stabili e i costi di cambiamento sono alti. È perfetto per costruire un ponte, stendere cavi sottomarini o realizzare un impianto farmaceutico.Agile invece nasce per progetti dove è possibile iterare, dove il cliente cambia idea o non ha ancora una visione definitiva. Parliamo di software, servizi, design, contenuti. In quei contesti, avere cicli brevi, feedback continui e margine di adattamento fa davvero la differenza.Nel mio caso, l’integrazione tra due sistemi forniti da aziende diverse richiedeva flessibilità e comunicazione continua. Pianificare tutto all’inizio sarebbe stato controproducente. Applicare i principi Agile mi ha permesso di lavorare in modo più efficace, anche senza adottare un framework preciso.

Cosa significa essere “Agile” davvero

Agile non è un processo, né una tecnica. È una filosofia, basata su 4 valori e 12 principi. Vuol dire accettare l’incertezza, coinvolgere le persone, collaborare con il cliente, e imparare man mano che si procede. È un modo di pensare, non una checklist.Spesso si fa confusione: c’è chi crede che “Agile” significhi usare Scrum o Kanban. In realtà, Scrum è solo uno dei framework che applicano i principi Agile. Può andar bene, ma solo se ha senso per il contesto.Per me essere Agile ha significato cambiare mentalità: da “esegui il piano” a “raggiungi l’obiettivo, anche se cambia”. Coordinare team diversi, ricevere feedback frequenti, adattare le priorità: tutto questo mi ha aiutato a ottenere risultati migliori e ridurre i blocchi.

Il mio percorso di formazione

Dopo quell’esperienza, ho deciso di approfondire. Ho frequentato due master: uno in Project Management e uno in Innovation Strategy & Digital Transformation. Poi ho studiato il framework Scrum e ho ottenuto la certificazione PSM I.Anche se non ho ancora applicato Scrum in un progetto reale, oggi comprendo quando e perché usarlo. Ho esperienza nella gestione remota e parlo inglese a livello B2, grazie anche a due mesi di studio nel Regno Unito.Non mi interessa “fare Agile” per moda. Mi interessa capire quando può davvero aiutare il team e il cliente.

Conclusione

Agile non è la soluzione a tutto. È uno strumento, utile quando il contesto lo richiede. Personalmente, ho visto quanto possa fare la differenza in progetti complessi, ma dinamici. Il mio percorso non è finito: sto continuando a formarmi e condividere quello che imparo.



👉 Nei prossimi articoli parlerò di framework, ruoli e strumenti. Se vuoi seguirli, iscriviti al blog o aggiungimi su LinkedIn: https://www.linkedin.com/in/lorenzo-ambrogi-6b4260159/.



E se hai vissuto un passaggio simile al mio, raccontamelo nei commenti: scambiare esperienze è parte del mindset Agile.

 
 
 

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